Perché diamo un nome alle cose?

Il legame tra gli esseri umani e gli oggetti che li circondano è stato da sempre un tema intrigante. Dall’affezionarsi a una chitarra preferita come fece il leggendario musicista B.B. King, che chiamò affettuosamente “Lucille“, fino al dare nomi a mezzi di trasporto come automobili e barche, sembra che gli oggetti possano assumere una sorta di vita propria nella nostra psiche.

Secondo uno studio commissionato da una società assicurativa negli Stati Uniti nel 2013, circa il 25% degli statunitensi darebbe un nome speciale alla propria auto. E questa pratica non si limita solo agli automobilisti: si estende ad altri mezzi di trasporto, dispositivi elettronici e strumenti da lavoro.

Ma perché diamo nomi umani agli oggetti? Nicholas Epley, autore del saggio “Mindwise: How We Understand What Others Think, Believe, Feel, and Want”, suggerisce che gli esseri umani tendano a conferire qualità umane agli oggetti che li circondano. Questo fenomeno, noto come antropomorfizzazione, è evidente quando guardiamo ad esempio i fanali delle automobili, spesso progettati per assomigliare a occhi. Gli oggetti antropomorfizzati sembrano guadagnare una sorta di fiducia da parte nostra, come dimostrato da studi condotti sul tema.

David Peterson, linguista noto per il suo lavoro sulle lingue inventate per la serie televisiva “Il trono di spade”, spiega che il dare nomi agli oggetti può facilitare il riconoscimento e la comunicazione. Inoltre, questa pratica può anche riflettere un legame emotivo che si sviluppa tra l’individuo e l’oggetto in questione.

Ma non tutti gli oggetti vengono dotati di nomi. Secondo Peterson, c’è una distinzione tra l’importanza attribuita agli oggetti e il legame emotivo che abbiamo con essi. Questo può spiegare perché tendiamo a dare nomi alle nostre auto, moto e barche, ma non agli oggetti comuni e d’uso quotidiano.

Tuttavia, chiamare un oggetto con un nome può avere effetti significativi sul nostro comportamento nei confronti di esso. Uno studio pubblicato nel Journal of Consumer Psychology ha dimostrato che dare un nome a un oggetto può aumentare il senso di “proprietà psicologica” su di esso, riducendo la propensione a sostituirlo con un altro oggetto senza nome.

Questo comportamento riflette una distinzione tra due tipi di consumatori: quelli che fanno acquisti profani, basati su esigenze pratiche, e quelli che compiono scelte sacre, influenzate da valori personali e significati più profondi. Gli oggetti a cui diamo nomi e a cui siamo emotivamente legati rientrano spesso nella seconda categoria, diventando più di meri beni materiali e acquisendo un significato più profondo nelle nostre vite.

In un mondo in cui la merce tende a dominare, dare nomi agli oggetti può essere un modo per riappropriarsi di un senso di connessione e significato personale. In questo modo, gli oggetti assumono una nuova vita, diventando più di ciò che sono materialmente e trasformandosi in parti integranti della nostra esperienza umana.

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