Il fu Terzo Polo: divisi in politica, uniti all’incasso

Uniti alle ultime elezioni politiche nel nome della cosiddetta ‘agenda Draghi, a inizio legislatura i destini di Azione e Italia Viva si sono ben presto separati, con furenti polemiche e attacchi tra Carlo Calenda e Matteo Renzi.

Dopo lo strappo, Calenda e Renzi si sono divisi praticamente su tutto. Dal salario minimo, “fondamentaleper Calenda e non sostenuto da Renzi, con Italia Viva unica forza di opposizione a sfilarsi dalla proposta di legge avanzata da Partito Democratico, Movimento Cinque Stelle, Alleanza Verdi-Sinistra, +Europa e, appunto, Azione, passando per il ‘caso Santanchè’, per il quale Italia Viva è stato nuovamente l’unico partito di opposizione a non chiedere le dimissioni della ministra del Turismo, ritenendo, nelle parole di Enrico Borghi, “che ogni valutazione è nelle sue mani e nelle mani del presidente del Consiglio che si assume la responsabilità”. In ultimo, Calenda e Renzi si sono divisi anche sul divieto di produzione di cibo coltivato in laboratorio. Al Senato l’esponente di Italia Viva Silvia Fregolent ha detto che “vediamo in questo provvedimento assicurazioni e tutela della ricerca italiana”, mentre i senatori di Azione, in una nota, pur definendosi “contrari alla produzione, alla commercializzazione e al consumo di cibi sintetici fino a una dimostrazione scientifica della loro salubrità”, si sono detti favorevoli “alla ricerca applicata, che non trova alcun riferimento nella legge presentata dalla maggioranza”, ritenendo “folle che per pregiudizi antiscientifici e approcci ideologici si impedisca all’Italia di partecipare alla ricerca scientifica relativa a un nuovo importante settore produttivo. Peraltro, a favore della ricerca si sono espresse tutte le associazioni di categoria”.

Insomma, le divisioni tra Azione e Italia Viva sono trasversali. Tuttavia, i due partiti rimangono saldamente nello stesso gruppo parlamentare proprio al Senato. La ragione è molto semplice: il divorzio farebbe perdere loro un finanziamento pubblico da circa 50mila euro a parlamentare all’anno. Motivo per il quale si continua a dormire nella stessa casa, seppur in letti separati. Se è vero che un antico proverbio recita ‘Meglio soli che male accompagnati’, appare ovvio come, almeno al Senato, ci siano 50mila buone ragioni per, seppur male, accompagnarsi. All’incasso.

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