Non va chiamata “ondata di calore” ma crisi climatica

L’emergenza era annunciata da mesi, ma forse pochi si aspettavano si manifestasse con questa irruenza. In Italia manca l’acqua, a nord come a sud. Il Po è vicino ai suoi minimi storici, e con lui molti laghi e fiumi. Di neve sulle Alpi pronta a sciogliersi ce n’è sempre meno, e ora le istituzioni iniziano ad avere paura. 

Scarsità idrica significa raccolti andati in fumo e agricoltori sul lastrico – la Coldiretti chiede ormai quotidianamente la proclamazione dello stato d’emergenza – ma non solo. Anche il settore energetico rischia lo stallo. L’idroelettrico, com’è ovvio, non funziona senza la materia prima, l’acqua. E anche le centrali a gas hanno bisogno di fiumi e invasi pieni per il raffreddamento. In Lombardia alcuni impianti hanno già iniziato lo stop e Terna, che gestisce la rete elettrica nazionale, scrive: «In prospettiva delle prossime settimane si attesta la progressiva scarsità di risorsa utile per il raffreddamento adeguato delle centrali elettriche».

Emilia-Romagna e Lazio vanno verso lo stato di calamità naturale. «Alla luce anche delle risultanze odierne dell’Osservatorio del distretto del Po che ha dichiarato severità idrica rossa, il nostro orientamento è quello di arrivare alla dichiarazione dello stato di emergenza regionale, utile e prodromica alla richiesta dello stato di emergenza nazionale» dichiara l’assessore all’ambiente della giunta Bonaccini, Irene Priolo. Lombardia e Piemonte dovrebbero essere le prossime, ma ad anticiparle sarà il governo nazionale, che potrebbe dichiarare l’emergenza nei prossimi giorni.

«Sicuramente il riscaldamento globale ha un ruolo nella situazione che stiamo vivendo, tanto è vero che queste ondate di calore e la siccità stanno diventando sempre più frequenti dall’inizio del 2000» spiega ai microfoni di Radio Città Fujiko Federico Grazzini, metereologo dell’Arpae.

Foto: Adam Platform

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