Cosa c’è dietro le proteste nelle università degli Stati Uniti

Sit-in, proteste e centinaia di arresti stanno infiammando le università degli Stati Uniti, che si stanno mobilitando per chiedere il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e per interrompere le collaborazioni con università e aziende israeliane. Non si tratta solo di atenei minori, ma di alcune tra le più conosciute istituzioni negli Usa e in tutto il mondo. Columbia, Harvard, Yale, Berkeley, Princeton, MIT e Stanford sono tra quelle in prima linea. 

Erano cinquant’anni che la polizia non entrava nei campus per reprimere le manifestazioni studentesche. Da quando il movimento pacifista attraversò il Paese da est a ovest per chiedere la fine della guerra in Vietnam, che tanto sangue aveva sparso sia nel sud-est asiatico che tra le file dell’esercito di Washington. Anche in quell’occasione tutto partì dalla Columbia, dove a lungo ha insegnato l’intellettuale americano-palestinese Edward Said. Ma nonostante quello che sostiene il leader dell’opposizione israeliana Yair Lapid, che ha parlato di “antisemitismo nei campus statunitensi”, chi occupa una delle facoltà più prestigiose al mondo è soprattutto la componente di alunni ebrei

Per la Pasqua ebraica i giovani hanno celebrato un seder dedicato alle sofferenze del popolo palestinese. E in solidarietà con le centinaia di arresti anche i docenti della Columbia si sono mossi, non andando in classe a fare lezione. 

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