Anatomia di un Documento di Economia e Finanza ’al buio’

Un Documento di Economia e Finanza al buio’. O meglio, ufficialmente, un Def “snello e assai asciutto”, limitato ai meri dati di bilancio tendenziali, ovvero alle previsioni del governo sulla crescita, storicamente ottimistiche. Non si appulcra verbo, o numero, invece, sui contenuti programmatici, ossia sulle reali intenzioni dell’esecutivo in politica economica. Perché i conti pubblici sono in difficoltà. A causa soprattutto del Superbonus, misura di cui ieri tutta la politica italiana è stata sponsor, oggi invisa a molti, soprattutto alla maggioranza, e rivendicata da pochi, anzi, ormai forse solo dal presidente del Movimento Cinque Stelle, Giuseppe Conte.

Quest’oggi il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha detto che quest’anno il Pil italiano crescerà dell’1%, meno di quanto stimato dal governo nella Nadef, la Nota di aggiornamento al Def, quando si parlava di un 1,2%, ma comunque decisamente più di quanto rilevato da Bankitalia, che punta a un +0,6%. Le stime comunicate da Giorgetti parlano poi di una crescita in lenta diminuzione nei prossimi anni, +1,2% nel 2025, +1,1% nel 2026 e +0,9% nel 2027, ma anche, e questa è la novità più rilevante rispetto alla Nadef, di un aumento del debito pubblico. Il quale, dopo aver chiuso nel 2023 al 137,3% del Pil, secondo il governo salirà quest’anno al 137,8% del Pil, schizzando al 138,9% del Pil nel 2025 e al 139,8% del Pil nel 2026. Una netta inversione rispetto a quanto indicato nella Nadef, in cui si stimava un percorso sostanzialmente opposto: 140,1% nel 2024, 139,9% nel 2025, 139,6% del 2026. Si tratta di cifre che potrebbero portare a una procedura d’infrazione per deficit eccessivo, già data per scontata dallo stesso Giorgetti nei giorni scorsi. L’Italia rischia una correzione nei conti dello 0,5%, pari a 14 miliardi di Pil.

La Legge di Bilancio 2024 contiene una serie di provvedimenti una tantum, ovvero finanziati unicamente per quest’anno. Si va dall’accorpamento degli scaglioni Irpef al differimento di alcune tasse, dal credito d’imposta per le Zone Economiche Speciali del Mezzogiorno al rifinanziamento della legge Sabatini per gli investimenti delle imprese. Nel Def varato quest’oggi, limitato ai meri dati di bilancio tendenziali, non viene calcolato nel deficit e nel debito l’impatto delle misure una tantum per il 2025, pari a circa 19 miliardi, ovvero un punto in più di deficit e di debito. Ovviamente, non tutte le misure varate nel 2024 verranno fatte cadere, ma certamente l’esecutivo dovrà operare delle scelte, facendo delle rinunce. Da comunicare, possibilmente, dopo l’estate, ossia dopo le elezioni europee. Da qui la necessità di pubblicare un Def incompleto, ’al buio’, senza che le reali intenzioni dell’esecutivo siano comunicate. Tanto agli elettori, quanto agli stessi alleati al governo. Da tempo in campagna elettorale.

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