Si può esser licenziati per apprezzamenti e ‘pacche’ sgradite

La sezione Lavoro della Cassazione Civile ha respinto nei giorni scorsi il ricorso del capo del personale di una fondazione operante nel mondo del teatro palermitano contro il licenziamento per giusta causa disposto dal suo datore di lavoro per avertenuto un comportamento offensivo nei confronti delle due lavoratrici”.

In particolare, l’uomo aveva toccato il sedere di una collega e aveva fatto apprezzamenti sul sedere di un’altra collega mentre faceva le fotocopie. Il dipendente si era difeso sostenendo, nel primo caso, che avrebbe voluto toccarle la schiena e, nel secondo, che quello sul “sedere giovanile” fosse un apprezzamento espresso con spirito “cameratesco”. La Suprema Corte ha però accolto la tesi della Corte d’Appello sulla “eclatante offensività delle condotte contestate, perché una mano sul fondoschiena o l’invito a mostrare ilsedere giovanilenon possono certo considerarsi rispettosi della dignità della persona e della professionalità delle due lavoratrici, non avvezze a ricevere simili, sgradite attenzioni che infatti avevano in loro suscitato imbarazzo e umiliazione mentre erano intente a disimpegnare i compiti a loro affidati”.

I fatti risalgono al 2017. Due anni dopo il Tribunale di Palermo aveva dichiarato illegittimo il licenziamento, mentre la Corte d’Appello aveva ribaltato la sentenza. Il dipendente, si legge nella lettera di licenziamento, aveva dato “una pacca sul sederea una dipendente della fondazione, mentre in un altro episodio “aveva commentato che un’altra dipendente della Fondazione, intenta a fare fotocopie, girata di spalle, data l’età, aveva un bel sedere e l’aveva invitata a girarsi in modo tale da mostrarlo anche a un altro dipendente, affinché anche lui potesse fare i propri apprezzamenti”. La Cassazione ha confermato il pronunciamento della Corte d’Appello, secondo il quale i fatti “erano rilevanti sotto il profilo della lesione del vincolo fiduciario e andavano dunque valutati per il loro disvalore sociale”, sottolineando come tra i protagonisti della vicenda ci fosse un “rapporto connotato da assoluta formalità”, pertanto non si sarebbe potuto creare “un clima cameratesco”, considerando anche che si trattava di un capo del personale, per giunta responsabile di prevenzione e corruzione, e che le dipendenti “a lui si rivolgevano dando del lei e con il dovuto rispetto dovuto a un soggetto in posizione di superiorità gerarchica”.

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