Ancona, negato il suicidio assistito

Il Tribunale di Ancona ha respinto il ricorso di un 42enne tetraplegico contro l’Azienda sanitaria marchigiana, alla quale chiedeva di accedere al suicidio assistito.

L’uomo, assistito dall’avvocato Filomena Gallo dell’Associazione Luca Coscioni, è rimasto incredulo della decisione, che va contro la sentenza espressa in passato dalla Consulta. il suo desiderio è quello di porre fine a quella che per lui non è più una vita e di farlo in Italia, circondato dai suoi affetti.

Il 42enne è immobilizzato da oltre 10 anni in seguito ad un incidente stradale. Ha spedito una lettera al premier Draghi e ne manderà altre due, rivolte al ministro della Salute e a quello della Giustizia, chiedendo che il Parlamento intervenga al più presto sul fine vita. 

E voi, cosa pensate sul suicidio assistito? Fatecelo sapere nei commenti.

25 thoughts on “Ancona, negato il suicidio assistito

  1. come nessuno ti obbliga a non spararti un colpo in testa, non vedo perché negare una scelta consapevole e, addirittura, rispettosa delle leggi e regolamentazioni. se un parente si oppone posso capire, ma se la scelta è condivisa non capisco perché negare il trattamento umano

  2. Credo che abbia pieno diritto di disporre della propria vita. Sopratutto quando non è più vita. Io, per esempio, non vorrei mai diventare un macigno per la mia famiglia.

  3. Vista la gravità della situazione,che tralaltro sta vivendo sulla sua pelle,se ha deciso così bisogna aver rispetto della sua scelta. È veramente difficile fare una scelta del genere,ma se lui è d’accordo e la famiglia non si oppone,non vedo perché non concedergliela questa opportunità.

  4. A quanto pare l’Italia non è ancora pronta.
    Recentemente un’Amica italiana, con SLA grave, ha dovuto farsi accompagnare segretamente in Svizzera dalla famiglia, per vedere ascoltate le sue volontà.

  5. Che vergogna ! E noi saremmo un paese civile ! Speriamo che la tetralgia colpisca chi condanna la morte assistita. Avete mai visto uno di questi ammalati ? E da spararsi !

  6. Una persona tetraplegica che deve vivere immobile,senza nessuna possibilità di fare qualsiasi cosa,se non poter pensare con la propria testa,penso abbia tutto il diritto di poter decidere se continuare a vivere in quel modo.
    Facile parlare se non si vive la situazione,non credo sia un atto di codardia,come scrive qualcuno,anzi ci vuole tanto coraggio per prendere una simile decisione

  7. Ho appena finito di leggere “L’ uomo in cerca di un senso: uno psicologo nei lager” di Viktor Frankl dove l’autore, da vita vissuta nei lager, trae alla fine la massima secondo la quale anche di fronte alle più grandi difficoltà e condizioni drammatiche, un uomo sia capace di reagire e trasformare con la spiritualità un evento drammatico in un trionfo dello spirito
    Mi dispiace moltissimo per la decisione del tribunale e anche per questo uomo disabile
    Da ogni angolazione, comunque si veda, la storia di per se’ è veramente drammatica e triste
    concordo con Sonia

  8. La libertà’ di scelta è soggettiva e va rispettata. Vagetare e soffrire non è vita. Chi sceglie di porre fine in quelle condizioni è giusto che venga rispettato. Intender non può chi non lo prova!!!

  9. Effettivamente, se la persona è in grado (parolona grossa), di decidere consapevolmente, cioè in grado di intendere e di volere, solamente lui ed i suoi cari di comune accordo, dovrebbero decidere sul da farsi, specialmente quando la decisione riguarda i lati più tristi dell’esistenza. Specialmente poi, quando lo Stato ti lascia abbandonato, senza la più minima preoccupazione della persona che versa in uno stato in cui servono un’infinità di farmaci, apparecchiature etc, che potrebbero permettere anche un banalissimo sollievo. Tante famiglie che hanno familiari, non dico completamente in uno stato vegetale, ma ai quali servono tante cose, un esempio su tutti, visto in TV tempo fa, un ragazzo la quale poteva muovere era la testa, mentre il resto del

  10. mentre il resto del corpo era totalmente inerte, serviva un particolare Pc, per poter comunicare, informarsi e quant’altro, purtroppo il costo di macchinari del genere e quasi irraggiungibile, specialmente da persone che vivono alla giornata, poiché hanno anche dovuto lasciare il lavoro perché il figlio aveva bisogno di assistenza continua. La conclusione è stata, che erano più di dieci anni, che i vari uffici comunali o statali che siano, che li mandavano a girare a vuoto da ufficio all’altro, scaricandosi, come al solito in Italia, le varie competenze per far sì che il figlio sia messo in condizioni, di poter “comunicare” e seguire una costosa terapia. Dopo anni, di vagabondaggio, da un ufficio all’altro, la trasmissione Le Iene, riuscì ad

  11. la trasmissione Le Iene, riuscì ad ottenere, la promessa d’interessamento, di un dirigente della Usl, per la soluzione del caso…
    Ma poi dopo, avrà mantenuto quanto promesso…mah, speriamo…‼️
    Ma ho dei dubbi, chissà…‼️

  12. Poi dopo, però fanno i moralisti, lasciando queste persone, che hanno il cervello che fa uno sforzo sovrumano, per la moltitudine di pensieri che gli inondano la mente, per le decisioni di un pugno di burocrati, che non fanno una legge che tuteli, loro e le famiglie…‼️

  13. Credo che il problema non sia tanto la libertà di scelta del soggetto che desidera essere aiutato con una morte assistita.
    Su questo mi pare che siamo quasi tutti d’accordo.

    Credo piuttosto sia un problema etico-morale per chi dovrebbe aiutare le persone a fare questo passo definitivo.
    Tra i medici ci sono casi di obiettori di coscienza che non sono disponibili a “fare l’iniezione fatale”, o a “staccare materialmente la spina”.

  14. Bisognerebbe arrivare a considerare l’eutanasia come una cura, che arriva oltre alle terapie del dolore e offre assistenza per un trapasso in dignità.
    Invece oggi, l’eutanasia viene ancora percepita quasi come una “pena di morte” per chi è spacciato da una malattia.
    E il medico rischia di sentirsi equiparato al ruolo di un boia esecutivo.
    Ma non è veramente così.

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