Russia e Cina pretendono da Elon Musk più libertà di parola

Elon Musk, serial entrepreneur, at TED2013: The Young, The Wise, The Undiscovered. Wednesday, February 27, 2013, Long Beach, CA. Photo: James Duncan Davidson

Continua il pressing sul nuovo CEO di Twitter, Elon Musk, degli utenti banditi dalla precedente gestione del social media, che chiedono il reintegro e maggiore libertà nei tweet. Tra essi non solo Donald Trump, ma anche numerosi account affiliati ai governi autoritari di Russia e Cina, così come allo Stato Islamico, intenzionati a salire sul carro di Elon.

Fino a che punto si spingerà la libertà di parola promessa da Musk prima dell’acquisto di Twitter? Dopo aver trovato rifugio in altri lidi virtuali (come Mastondon, nato – ironia della sorte – come social antifascista), i gruppi europei di estrema destra guardano con rinnovato interesse alla piattaforma, dove ogni cinguettio dovrebbe trovare meno resistenza. La società ha già affermato che le politiche relative ai contenuti di odio non sono destinate a cambiare con la nuova proprietà, tuttavia il pressing da parte di russi, cinesi e jihadisti è iniziato da un pezzo.

Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte delle forze di Vladimir Putin, l’Unione europea ha bloccato la diffusione dei contenuti di RT e Sputnik, mossa che ha portato Twitter a oscurare i relativi profili: una sanzione, questa, che nel web si è allargata ben oltre i 27 Stati Ue. Margarita Simonyan, direttrice dell’ex Russia Today, a fine ottobre ha scritto a Musk chiedendo la fine del ban in nome della libertà di parola.

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