Si può morire di lavoro anche in ufficio?

Alcuni Paesi stanno cominciando a riconoscere come malattia da lavoro anche il “bornout”, ossia lo stato di esaurimento sul piano fisico, emotivo e mentale che colpisce gran parte dei lavoratori in ufficio o che, a causa della pandemia, lavorano in casa. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato questa sindrome come una forma di stress lavorativo che non si è in grado di gestire con successo.

Tra il 2020 e il 2021 in molti Paesi si registrano incrementi nei tassi di depressione, ansia e stress. A questo si aggiunge un fenomeno che la stampa statunitense ha definito “Great Resignation” ovvero un aumento di dimissioni volontarie. Sembra che le persone, semplicemente, non ce la facciano più e si licenzino.

Abbiamo ereditato dalle generazioni precedenti la falsa convinzione che passare (se va bene) otto ore in un grigio palazzo sia un privilegio che ci rende separati, o forse protetti, da coloro che sono ingiustamente ritenuti “lavoratori di serie B” perché non esposti a rischi fisici come chi lavora all’esterno o fa l’operaio. In realtà, la depressione e l’alienazione per troppo lavoro e stress da ufficio sono uno dei temi con i quali avremo sempre avere più a che fare in futuro.

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