Regioni contro gli antiabortisti nei consultori: “Non entreranno”

L’emendamento al decreto Pnrr riguardante l’interruzione di gravidanza, approvato recentemente, apre la porte alle associazioni pro vita nei consultori, lasciando però la decisione finale alle amministrazioni locali.

Alcune Regioni, come l’Emilia-Romagna, Toscana e Campania, hanno già dichiarato che non permetteranno alle associazioni antiabortiste di operare all’interno dei consultori, dove viene effettuata la maggior parte degli aborti. Altre Regioni, anche se guidate dal centrodestra, stanno prendendo tempo nella valutazione della situazione. In Lombardia, ad esempio, alcune associazioni sono già presenti in alcuni ospedali.

In Liguria, il consiglio regionale ha mosso i primi passi in merito alla questione. Una legge regionale presentata nel 2021 da Stefano Balleari di Fratelli d’Italia prevedeva l’apertura di spazi all’interno di consultori e ospedali per sostenere la vita. Nonostante la norma non sia stata applicata, Balleari ha accolto con favore il voto del Parlamento sull’emendamento, sperando che la sua proposta possa finalmente vedere la luce. Il presidente Giovanni Toti ha sottolineato l’importanza di agire con cautela per non compromettere i diritti sanciti dalla legge 194, che garantisce i diritti delle donne.

Nel Piemonte, sono stati già banditi tre progetti per finanziare associazioni antiabortiste, e si prevede che la nuova normativa coinvolga anche i consultori. Il Veneto, invece, adotta un atteggiamento più attendista, osservando l’evolversi della situazione a livello nazionale prima di prendere decisioni definitive.

Dall’Arci arrivano i primi commenti di sdegno: “Il via libera del Senato ai volontari pro vita nei consultori ha confermato la determinazione del governo Meloni nel voler ridimensionare la legge 194, essenziale per la salute e l’autodeterminazione delle donne, istituita per garantire non solo l’accesso all’aborto in modo sicuro e legale, ma anche per offrire un supporto informato e neutrale alle donne in uno dei momenti più delicati della loro vita. Si tratta di una regressione significativa in termini di diritti umani e libertà individuali e mina la fiducia delle donne nel trovare supporto e assistenza imparziale”.

Dalla Sigo, la Società italiana di ginecologia e ostetricia, si spiega che “il lavoro di tutte le associazioni di volontariato che dovrebbero, dopo attenta valutazione, collaborare con i consultori non potrà mai vicariare la centralità del lavoro del personale sanitario strutturato che sarà sempre garanzia di equità di approccio, di imparzialità e scientificità di counselling, di correttezza metodologica, di massimo rispetto delle scelte motivate delle donne, di assenza di interferenze, di corretta interpretazione dello spirito della legge 194”. Il consultorio, spiegano, “vive, anzi sopravvive solo per l’abnegazione del personale sanitario, ginecologi ed ostetriche, che da anni non hanno mai trovato un reale interlocutore istituzionale su tali tematiche. Sono anni che la ginecologia italiana chiede una loro implementazione”.

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