La repressione ai tempi del governo Meloni

Va fermamente respinta ogni suggestione che vi sia un disegno del governo per reprimere il dissenso politico”. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, durante l’informativa alla Camera sulle manganellate date a Pisa dalle forze dell’ordine contro alcuni studenti di scuole medie e superiori, disarmati e a volto scoperto, che protestavano in sostegno della Palestina.

Chiamato a riferire in Parlamento, Piantedosi ha detto che la manifestazione si è voltain totale violazione di legge”, ha rivendicato “il diritto degli appartenenti alle forze di polizia di non subire processi sommari” e ha respinto “fermamente ogni tentativo di coinvolgere, nelle polemiche politiche, il lavoro delle forze di polizia”. Tra molti generici appelli e qualche frase di circostanza, il ministro ha mancato di dettagliare quanto accaduto, limitandosi a dire che l’azione violenta delle forze dell’ordine è avvenuta a seguito diuna pressione con spinte, calciinsulti, sputi e tentativi di sottrarre gli scudi”. Il che, se possibile, sarebbe ancora più grave, dato che è difficile affermare che dei giovanissimi, per non direi dei ‘bambini’, potrebbero mai costituire un effettivo pericolo per uomini adulti, militari addestrati a gestire situazione di ben maggiore pericolo, gravità e pressione. Soprattutto considerando che i feriti tra i manifestanti sono stati 17, soprattutto minorenni, tutti disarmati e a volto coperto, mentre i poliziotti che avrebbero portato la carica sono 15, tutti ovviamente armati e sottoposti ad addestramento.

“Quando le manifestazioni non sono preavvisate, o non vengono condivise con la Questura modalità e percorsi, possono verificarsi dei momenti di criticità. Però questi momenti di criticità non possono essere una giustificazione”, ha messo nero su bianco il capo della Polizia, Vittorio Pisani. Ancor più netto è stato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affermando che “l’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli, ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”. Tant’è, nemmeno Piantedosi è riuscito al sottrarsi dal dire che “la visione delle immagini degli scontri di Pisa ha turbato anche me”. Tuttavia, dal ministro non è giunta nessuna parola di vicinanza agli studenti, che viceversa sono stati attaccati e insultati dai rappresentanti della maggioranza.

I fatti di Pisa si inseriscono però in una traiettoria di progressiva compressione dei diritti politici. Lo dimostrano alcuni avvenimenti accaduti solamente nelle ultime due settimane: la presentazione di un disegno di legge per vietare le manifestazioni in cui potrebbe venire criticato Israele e il suo operato a Gaza, la proposta di un ‘daspo’ contro gli artisti che in Rai manifestano liberamente il proprio pensiero e l’identificazione di alcuni manifestanti che hanno deposto dei fiori in memoria del compianto dissidente russo Alexei Navalny. Un fatto, quest’ultimo, che secondo il ministro Piantedosi non “comprime una qualche libertà personale”.

I dati però sembrano raccontare altro. Nel 2023 sono state effettuate quasi 54 milioni di identificazioni. Un numero incredibile, se si pensa che in Italia le persone maggiorenni sono circa 49 milioni. Nel 2022 le identificazioni erano state 46,9 milioni, mentre nel 2021 erano state 35,3 milioni: in due anni sono aumentate de 53%. I nominativi vengono acquisiti all’interno di un database ministeriale, che permette alle forze dell’ordine, digitando le generalità dell’interessato, di ricostruire le presenze del soggetto in un momento relativo e o in una relativa occasione. Altro che Green Pass.

Ovviamente, la repressione ha geometrie alquanto variabili. Ad esempio: se alcuni giovani sollecitano le classi dirigenti ad agire contro la crisi climatica bloccando il traffico rischiano il carcere, mentre se gli agricoltori fermano la circolazione, e per colpa di tale blocco muore una persona, gli si abbassano le tasse, con buona pace di chi le imposte le paga. Altro esempio: per i rave party bisogna inventare un reato ad hoc, mentre per i colletti bianchi bisogna limitare le intercettazioni e la custodia cautelare e per i politici abrogare il reato di abuso d’ufficio tout court, con i giornalisti che devono astenersi dall’informare i cittadini. E ancora: è necessario essere garantisti con Vladimir Putin sulla morte di Navalny, mentre è chiaro che la cittadina italiana in carcere in Ungheria Ilaria Salis non può fare l’insegnante perché è una violenta, nonostante a Budapest il processo non sia nemmeno ancora incominciato. Senza contare gli attacchi al diritto ad abortire e ai figli delle famiglie omogenitoriali, l’aumento delle incarcerazione di minori e bambini, i tagli ai fondi per l’alluvione avvenuta in una regione amministrata da una giunta di centrosinistra e le politiche migratorie che finora non hanno diminuito gli sbarchi ma solamente i diritti e le tutele. La repressione di un governo forte con i deboli e debole con i forti.

8 thoughts on “La repressione ai tempi del governo Meloni

    1. Certo che i ******** non vogliono nascondersi, subito a sparare ******* . Pecorone leggi cosa dice la costituzione e vatti a vedere i filmati, alzati e cammina

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