L’incidente di Chernobyl. Trentotto anni fa

Era il 26 aprile del 1986. Un guasto al reattore numero quattro della centrale nucleare di Chernobyl cambiò il corso della storia e l’esistenza di intere generazioni

È stato classificato come il più grave incidente nucleare, con circa 4mila vittime stimate dall’Onu e 116mila sfollati dalla regione circostante. Le particelle radioattive trasportate dalle masse d’aria raggiunsero un’area vastissima e arrivarono addirittura in Europa. La quantità di radiazioni era altissima. A peggiorare la situazione è stata poi la mancanza di informazioni tempestive nei confronti delle popolazioni coinvolte che ha drammaticamente contribuito all’esposizione.

Il disastro di Chernobyl rilasciò una quantità di radiazioni almeno cento volte in più rispetto alle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Il fall-out nucleare interessò l’Ucraina, la Russia e per il 70% la Bielorussia, Paese più colpito dalla catastrofe. A lasciare la zona furono solo 350mila persone. Gran parte della popolazione colpita rimase nelle zone colpite complice, oltre alla disinformazione, l’impossibilità a spostarsi a causa delle difficili condizioni economiche.

Gravissimi gli effetti a lungo termine anche sull’ambiente, a carico di ecosistemi, flora e fauna. Sotto il profilo sanitario, nel corso degli anni, oltre all’abbassamento delle difese immunitarie e all’aumento di numerose patologie legate a una dieta fortemente contaminata da radionuclidi, si è palesato un fortissimo incremento di casi di tumore alla tiroide che ha colpito soprattutto i più piccoli, a causa dello iodio radioattivo fuoriuscito dalla centrale nella prima fase del disastro. A questo si sono aggiunte una serie di gravi patologie di natura psicologica, legate alla cosiddetta ‘sindrome di Chernobyl’, che hanno presentato sintomi connessi alla consapevolezza di vivere in un territorio fortemente contaminato e senza futuro per sé e per la propria famiglia.

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