Ecco il piano per defenestrare Salvini dalla Lega

Castrata ogni ambizione settentrionale dal marxismo-salvinismo, alcuni, molti, tanti leghisti hanno iniziato ad ammutinarsi. Altri stanno meditando per l’ennesima volta, forse quella buona, di defenestrare il Capitano.

Il partito costruito a immagine e somiglianza di Matteo ha rinunciato al Nord. L’aggettivo e il punto programmatico. L’ha detto Umberto Bossi il 13 aprile. Lo ripetono le serpi in seno al segretario. I vecchi e nuovi nemici. I suoi stessi lacchè. Se Salvini rimane a capo della Lega, la Lega muore statalista. Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, ormai, è tutto preso dal suo feticcio, dalla sua opera d’arte totale e meridionale: il ponte sullo Stretto.

Dentro e fuori dai palazzi è una lagna continua: “Matteo non pensa più a noi”. Il Capitano aumenta i caselli autostradali tre volte in un anno al Nord, ma trova 15 miliardi di euro per costruire il suo giocattolo al Sud. “Se è un’infrastruttura tanto impellente e formidabile”, dicono i malpancisti protetti dall’anonimato, “per quale motivo la Pedemontana devono pagarla i privati?”.

La domanda è soprattutto un’altra: c’è qualcuno che ha il coraggio e la forza politica di far fuori Salvini, in senso metaforico? Sì. Oltre ai soliti nomi, Massimiliano Fedriga, Luca Zaia e Giancarlo Giorgetti, i sanculotti pensano a Luca Toccalini.

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