Cos’era davvero il ‘Progetto Manhattan’?

Durante la Seconda guerra mondiale, migliaia di donne e uomini furono chiamati a lavorare in gran segreto alla costruzione della prima bomba atomica degli Stati Uniti. “Progetto Manhattan” fu il nome in codice del loro incarico militare clandestino. Al suo apice, il progetto impiegò 130mila persone in trentasette strutture in tutto il Paese, con un costo complessivo di quasi 2 miliardi di dollari, per un totale di due anni e mezzo di lavoro.

Nel 1938 in Europa scienziati e accademici iniziarono a sviluppare un nuovo ramo della fisica, quella nucleare, i cui studi iniziarono nel 1919, quando il fisico neozelandese Ernest Rutherford eseguì con successo il primo rivoluzionario esperimento di quella che definì “disintegrazione dell’atomo”. Questo fenomeno, sulla base dei calcoli teorici eseguiti con le celebri formule della relatività di Albert Einstein, sembrava poter liberare una enorme quantità di energia.

In particolare, gli scienziati tedeschi Otto Hahn e Fritz Strassmann riprodussero il fenomeno, dandogli il nome di “fissione nucleare”. Lise Meitner e Otto Frisch analizzarono la fissione nucleare dell’uranio, affermando che questo elemento, avente atomi pesanti ed essendo particolarmente instabile, fosse facilmente divisibile, quindi suscettibile a fissione, provocando la liberazione di un livello di potenza mai raggiunto prima: l’energia atomica.

Nell’agosto del 1939, poche settimane prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale, gli scienziati Albert Einstein, Leó Szilárd e Edward Teller scrissero una lettera al presidente Theodore Roosevelt, in cui lo avvertirono dell’aumento dell’interesse tedesco per le forniture di uranio, minerale essenziale per la produzione di un’arma atomica. Nella lettera, inoltre, gli scienziati raccomandarono al presidente statunitense che venissero stanziati fondi federali per accelerare i lavori sperimentali di fisica nucleare in corso in alcuni laboratori universitari.

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