I calciatori già stanchi dei milioni dell’Arabia Saudita?

Stanchi d’Arabia? È l’interrogativo che ha preso a farsi largo fin dalle prime settimane di questa annata calcistica che vede la Saudi Pro League (Spl) impegnata ad affermarsi in un ruolo di élite sul piano sportivo internazionale. E riguarda lo stato d’animo dei calciatori che hanno deciso di trasferirsi da quelle parti. Forse qualcuno fra loro si è già pentito della scelta? Certo, il denaro in quantità insolente è argomento forte abbastanza da vincere qualsiasi perplessità sul trasferimento in un campionato il cui livello tecnico rimarrà comunque per lungo tempo al di sotto degli standard dei principali tornei europei e ammortizzare le perplessità sul drastico cambio di vita e abitudini. Ma poi si scopre che in un Paese così diverso bisogna viverci giorno per giorno, mentre il bonifico arriva soltanto una volta al mese. E per quanto si tratti di noie e malinconie ben retribuite, rimane il fatto che la mancanza del clima agonistico vero armi più d’un ripensamento. Per non parlare della lingua, delle abitudini troppo diverse – per esempio allenamenti la sera tardi perché di giorno la temperatura è insostenibile e arriva anche a 50 gradi, o di sessioni interrotte dalle preghiere – e anche delle restrizioni in materia di condotta pubblica e privata.

Col campionato saudita iniziato nel mese di agosto, già in ottobre cominciavano a circolare voci di stanchezza. Il tabloid inglese The Sun raccoglieva malumori non dichiarati ufficialmente – anche perché, visto quanto pagano, i sauditi non apprezzerebbero di sicuro – ma molto insistenti. Alimentati da calciatori abituati a temperature agonistiche del massimo livello e ora scaraventati a giocare in cornici da calcio amatoriale.

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