Stato-mafia, Cassazione: “Contro ex vertici Ros accuse insussistenti”

”Ritiene questa Corte che la motivazione della sentenza impugnata evidenzi la strutturale inidoneità della condotta degli ufficiali del Ros a integrare, già sotto li profilo oggettivo, una forma penalmente rilevante di istigazione o di determinazione alla commissione del reato di minaccia ad un corpo politico commesso dai vertici di ‘Cosa nostra”’. 

È quanto scrivono i giudici della sesta sezione penale della Cassazione nelle 95 pagine di motivazioni della sentenza, depositata oggi, che lo scorso 27 aprile ha reso definitive le assoluzioni per gli ex ufficiali del Ros, il generale Mario Mori, il generale Antonio Subranni e l’ufficiale dei carabinieri Giuseppe De Donno e per l’ex senatore Marcello Dell’Utri nel processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia. 

”Invero, la mera apertura di un’interlocuzione con i vertici di ‘Cosa nostra’ non può ritenersi essere stata idonea ‘ex se’ a determinare i vertici dell’organizzazione criminale a minacciare il Governo – si legge – in quanto questo assunto, argomentato nella sentenza impugnata come autoevidente, non è fondato su alcuno specifico dato probatorio, né argomentato sulla base di consolidatemassime di esperienza. L’interlocuzione promossa da Mori e da De Donno con Ciancimino, per quanto accertato dalla sentenza impugnata, era, infatti, volta a comprendere le condizioni per la cessazione degli omicidi e delle stragi da parte di ‘Cosa nostra’ e la ricerca dell’apertura di un dialogo, sia pure con una spietata organizzazione criminale – sottolineano i supremi giudici – non può assumere la valenza obiettiva, sulla base di un inammissibile automatismo probatorio, di una istigazione a minacciare lo Stato”. 

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