Il Nagorno-Karabakh al capolinea. Il ruolo della Russia

È stato raggiunto un accordo per il cessate il fuoco in Nagorno Karabakh, la regione separatista a maggioranza armena situata all’interno dei confini dell’Azerbaijan che da ieri si trovava sotto bombardamento. Il presidente dell’Azerbaijan, Ilham Aliyev, ha dichiarato che in 24 ore Baku ha raggiunto tutti gli obiettivi di quella che è stata definita “un’operazione antiterrorismo” in Karabakh. Un linguaggio copia incollato da quello di Mosca in occasione dell’invasione dell’Ucraina.

E a garantire l’accordo di cessate il fuoco è proprio la Russia, che da decenni ha fatto da garante della sicurezza degli armeni. Un sostegno che però si è sgretolato da quando il primo ministro armeno ha voltato le spalle a Putin dopo l’invasione dell’Ucraina.

E mentre le forze azere hanno messo in ginocchio l’enclave armena in meno di 24 ore, circolando a bordo di camion con simboli simili a quelli dei russi in Ucraina, l‘Armenia esprime la propria rabbia riguardo alle promesse mancate di Mosca: “Siamo andati con la Russia in Siria, abbiamo votato con la Russia in tutte le istituzioni internazionali, non abbiamo lasciato la Csto, eppure al momento di proteggerci ancora una volta ci ha abbandonati”, sono le parole del segretario del Consiglio di sicurezza Grigorian.

Mosca dal canto suo accusa l’Armenia di aver creato “un terreno fertile per la politica ostile dell’Occidente contro la Russia“. L’Armenia, che non ha alleati potenti, l’11 settembre aveva iniziato le proprie esercitazioni militari con gli Stati Uniti in vista dell’imminente aggressione da parte di Baku.

Il portavoce del presidente dell’Azerbaijan ha fatto sapere che il 21 settembre si terrà un incontro a Yerevan, la capitale armena, per “discutere della reintegrazione“. Sembra quindi che questa operazione militare dell’Azerbaijan possa porre fine al sogno, durato oltre trent’anni, d’indipendenza dell’enclave armena del Nagorno-Karabakh.

Foto: Achemish, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

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