Forza Italia, Tajani nuovo inizio o traghettatore?

Chi, dentro e fuori Forza Italia, pensa e spera che l’elezione all’unanimità di Antonio Tajani segretario nazionale segni un nuovo inizio per il partito è destinato a rimanere deluso. A parte la cerchia ristretta dei fedelissimi del ministro degli Esteri e i desiderata della premier Giorgia Meloni, che ha tutto l’interesse a garantire la stabilità (e la lealtà) di Fi anche per bilanciare i quotidiani colpi di testa della Lega, sono tanti gli azzurri che stroncano questa lettura.

Anzi, parlano di “fase transitoria” e definiscono l’attuale vicepremier un “traghettatore”. Niente deleghe in bianco, insomma. A tal proposito, per esempio, non è sfuggita ai più critici la rotta scudocrociata segnata dal neo segretario in una intervista al Corriere della Sera (“Non si tratta di rifare la Dc”, ha spiegato Tajani, “ma di aggregare e costruire un partito con le porte aperte, che svolga il ruolo che svolgeva la Democrazia cristiana nella prima Repubblica”). “In pratica”, è l’analisi che consegnano a Lettera43, “siamo all’opposto della linea di Berlusconi. Il Cav era un innovatore e guardava sempre avanti. Qui, invece, lo sguardo è rivolto al passato“.

Prese di distanza sussurrate che però suonano come un segnale chiaro in vista dell’appuntamento delle Europee. Ecco che anche sul metodo spuntano i paletti: “Se il segretario pensa di poter fare tutto da solo sul fronte delle candidature”, è l’avvertimento, “è completamente fuori strada”. Un sentire abbastanza comune, come spiegano fonti parlamentari azzurre a Lettera43, e non circoscritto solo all’area della minoranza del partito.

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