Strage di Cutro, indagate sei persone. “Documenti alterati”

Sei persone sono indagate nell’ambito dellinchiesta sul naufragio di Cutro, costato la vita a oltre 90 persone, di cui 35 minori, lo scorso 26 febbraio.

Lo scopo dell’inchiesta è accertare i motivi del mancato intervento in soccorso dei migranti, verificando se sia stata rispettata la normativa che impone un intervento a prescindere dalle singole competenze e responsabilità. La Procura della Repubblica di Crotone ha inoltre emesso un decreto di perquisizione nei confronti di sei persone. Tra cui il tenente colonnello Alberto Lippolis, comandante del Roan di Vibo Valentia della Guardia di Finanza; Antonino Lopresti, dello stesso Roan, operatore di turno la notte della tragedia; e il colonnello Nicolino Vardaro, comandante del Gruppo aeronavale di Taranto. Il procuratore Giuseppe Capoccia ha spiegato che “più che delle vere e proprie perquisizioni, stiamo eseguendo dei riscontri puntuali su elementi che ritenevamo mancanti per completare l’indagine”. Da qui l’iniziativa della Procura di disporre le perquisizioni delle sedi di Fontex, Guardia di finanza e Guardia costiera.

La notte in cui fu avvistato il barcone, l’intervento fu gestito come un’operazione di polizia e non fu dichiarato l’evento Sar, ovvero di ricerca e soccorso. Per legge non è possibile operare una distinzione tra un’operazione salvataggio e un’operazione di polizia. Inoltre, nel decreto di perquisizione si legge che la motovedetta della Guardia di Finanza, “in quei momenti, lungi dall’essere in navigazione alla ricerca del target, si trovava in realtà all’interno del porto di Crotone”. Pertanto, secondo la Procura, i documenti della motovedetta sarebbero stati alterati.

Il giornale di chiesuola presenta delle significative anomalie” si legge ancora nel decreto: “Le modalità di redazione inducono a ritenere che le circostanze presenti alle pagine 37, 38, 39 e 40, verificatesi in momenti antecedenti al disastro, quindi in una situazione non di emergenza, siano state annotate successivamente ai fatti”.

“Al fine di procedere ad una compiuta ricostruzione del fatto e comprendere le ragioni sottese a simili scelte operative, al ritardo accumulato nell’operazione della Guardia di finanza e dalla mancata comunicazione della posizione del natante alla Capitaneria di porto, si cercava di acquisire le comunicazioni di servizio intercorse tra gli operatori della Gdf impegnati nel servizio di quella notte, ma sui server in uso alla Guardia di finanza non veniva ritrovata alcuna traccia audio” si legge ancora nel documento della Procura. Che sottolinea come per le comunicazioni fossero stati utilizzati “anche i telefoni privati o di servizio”, sequestrati agli indagati per accertare tutte le comunicazioni avvenute nella notte del naufragio.

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