Il futuro di Hong Kong, tra repressione e controllo

Il primo luglio ricorre per Hong Kong il venticinquesimo anniversario del trasferimento di sovranità dal Regno Unito alla Repubblica Popolare Cinese.

Solitamente celebrato con manifestazioni anticinesi, l’appuntamento giunge in uno dei momenti più tragici per l’opposizione democratica dell’ex colonia britannica, provata da due anni di misure repressive adottate dall’ormai ex chief executive Carrie Lam.

Proprio il primo luglio, Lam lascerà il posto a John Lee Ka-chiu, uomo forte scelto dal Partito comunista cinese per guidare il Porto Profumato. Già capo della sicurezza hongkonghese, il nuovo leader era l’unico candidato all’elezione dello scorso maggio, in cui oltre il 99% dei membri del comitato elettorale si è espresso a suo favore.

John Lee Ka-chiu si è guadagnato in questi anni la fiducia di Xi Jinping, supportando la repressione delle proteste che scuotono la vita politica di Hong Kong dal 2019. Inoltre, il nuovo leader è stato tra i promotori della contestatissima legge sulla sicurezza nazionale introdotta nel giugno 2020 con l’obiettivo, sostanzialmente già raggiunto, di limitare gli spazi di libertà e democrazia.

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