Le aziende italiane che continuano a fare accordi con la Russia

La Yale School of Management dal 28 febbraio, quindi quattro giorni dopo l’invasione della Russia in Ucraina, sta seguendo oltre 1.000 aziende in tutto il mondo, chiedendo loro le loro intenzioni di business nei confronti di Mosca. Più di 750 aziende hanno annunciato pubblicamente che stanno volontariamente riducendo le operazioni in Russia, al di là del minimo richiesto dalle sanzioni internazionali. Tuttavia, ci sono alcune aziende che continuano a operare in territorio russo imperterrite. Yale ha suddiviso le aziende in cinque categorie, classificate su una scala di voti dalla A (aziende che hanno totalmente eliminato le relazioni con la Russia) alla F (aziende che stanno continuano i loro business come sempre).

Le italiane ‘peggiori’ secondo Yale (quelle nella lista F) sono Calzedonia, De Cecco, Cremonini Group, Diadora, Geox, Giorgio Armani, Menarini Group, UniCredit e Buzzi Unicem. Ci sono poi le aziende inserite nella lista D, che sono quelle che al momento hanno rimandato investimenti futuri in Russia già pianificati ma continuano invece con operazioni ‘sostanziali’ per il loro business. Qui troviamo: Barilla, Campari, DeLonghi, Intesa Sanpaolo, Maire Tecnimont e Saipem.

Ci sono poi le italiane Iveco, Pirelli, Ferrero e Enel che, per il momento, hanno ridimensionato alcune operazioni commerciali significative ma ne stanno proseguono altre e che per questo si sono guadagnate una C. Ci avviciniamo alla classifica delle società più severe nei confronti della Russia con la lista B, nella quale rientrano aziende italiane che hanno interrotto praticamente ogni attività nel Paese governato da Vladimir Putin ma mantengono qualche attività in piedi. Sono Ferrari, Leonardo, Moncler, Prada e Zegna Group. Infine, Ferragamo, Yoox, Eni e Assicurazioni Generali hanno cessato completamente ogni tipo di attività commerciale in Russia e per questo si sono guadagnate una A.

La lista redatta e sempre aggiornata dalla Yale School of Management è uno strumento molto importante non solo per conoscere gli attuali comportamenti di queste aziende, ma anche per capire con esattezza quali fossero le realtà che ben prima di questo conflitto abbiano sostenuto e incrementato la potenza – anche dal punto di vista delle pressioni economiche – della Russia nei confronti dell’Europa.

11 thoughts on “Le aziende italiane che continuano a fare accordi con la Russia

  1. D’accordissimo con chi continua a lavorare con la Russia, da imbecilxi fare queste classifiche, chi mantiene poi i lavoratori che rimangono a casa? La Ue, il governo Italiano ? Avete rotto i ****** con queste sanzioni che portano solo odio e guerra.

  2. Intanto gli USA stanno continuando a prendere il petrolio russo. E le loro società continuano a operare in Russia ( esclusa la McDonald).
    Idem per i francesi. Ma che cavolo allora si vuole?
    Se ENI ha interrotto davvero le proprie attività in Russia, come mai il gas ancora arriva?

  3. Perché l’Italia, col debito pubblico gigantesco che ha, e i prezzi alle stelle ( oggi ho fatto benzina: 1,98 /litro!), dovrebbe pensare ai propri cittadini soprattutto. Invece siamo i terzi fornitori di armi ( dopo USA e GB) all’Ucraina!
    Prima anche di Francia e Germania. Ma perché? Il topo che vuole apparire un leone? Come no, col sangue degli Ucraini però….

  4. Come sempre il dio denaro la fa da padrone, la Russia “odia” tanto l’occidente che continua a farci affari, lo stesso fa l’occidente. Non mi meraviglierei se le stesse aziende che comprano il gas russo poi contribuiscono a finanziare società ed enti che mandano armi. Di sicuro con la scelta della dichiarazione dei redditi, chi non sceglie “altro” dà un sacco di soldi allo stato che sta finanziando comunque le armi all Ucraina. Eh a parole siamo tutti bravi ma bisogna avere olio di gomito e darsi da fare per essere veramente coerenti.

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