Il ruolo degli Stati Uniti nella crisi energetica

Dall’inizio dell’invasione del Cremlino in Ucraina, la crisi energetica è arrivata in Europa.

In tutto questo caos, c’è un attore che prima dell’invasione osservava la crisi energetica europea, cercando di aumentare la propria influenza (e i propri profitti) nel settore: gli Stati Uniti. Per indebolire l’influenza della Russia, l’amministrazione di Joe Biden sta lavorando per assicurare ulteriori spedizioni di gas e petrolio sull’altra sponda dell’Atlantico. La pista statunitense è attraente per l’Europa, che troverebbe un partner stabile e alleato con cui instaurare una relazione commerciale sicura e duratura. Tuttavia, bisogna porsi qualche dubbio prima di poter dare per certa questa soluzione, sfatando alcuni tra i miti che circolano nel nostro dibattito pubblico.

Un mito da sfatare riguarda le effettive capacità di Washington di poter esportare più petrolio ma soprattutto gas liquido naturale (GLN). A tal proposito, dalla politica statunitense sono arrivate risposte rassicuranti e bipartisan. Il vicedirettore del National Economic Council della Casa Bianca, Bharat Ramamurti, è a favore di un incremento della produzione. Per Gus Michael Bilirakis, repubblicano e membro della Camera dei rappresentanti per la Florida, aumentare la produzione di petrolio e gas made in U.S.A sarebbe addirittura facile come “girare l’interruttore”. 

Di altro avviso sono però le compagnie petrolifere.

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