Spotify sfrutta gli artisti che ascoltiamo?


Ogni anno Spotify utilizza i nostri dati per mostrarci le canzoni, gli artisti e i generi musicali che abbiamo preferito negli ultimi 12 mesi. Si tratta dello ‘Spotify Wrapped’ ed è sicuramente una delle trovate di marketing più ingegnose degli ultimi tempi. Allo stesso tempo, per molti lo #SpotifyWrapped di quest’anno è stata l’occasione per mostrare le ‘ingiustizie’ della piattaforma.

“Spotify fa schifo”, si legge in un lungo post di sfogo su Instagram di Alberto Bebo Guidetti de Lo stato sociale, dove l’artista denuncia che, in media, un musicista guadagna 0,003 euro per ogni canzone ascoltata in streaming, contro i 2,5 miliardi che guadagna Spotify in soli tre mesi. Sempre stando ai dati ricavati dal musicista, sono necessari 400.000 stream per far guadagnare 1.200 euro a un musicista presente su Spotify. “Quando è etico pagare l’arte in visibilità? Zero”, continua Guidetti.

Possiamo dire che gli artisti vengono trattati come merce da Spotify e da altre piattaforme di streaming? “È una lettura marxista ma sì, il concetto è questo. Per loro sei davvero merce perché le piattaforme non sono attori di produzione e usano gli artisti come catalogo. Avere un catalogo così ampio (come vale per Spotify, ndr) permette loro di fare profitto sulle spalle di chi paga (utenti) e di chi produce (artisti)”, continua Guidetti.

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