L’inarrestabile declino dell’italiano, tra abuso di emoji e anglicismi
L’italianese, neo lingua ufficiosa parlata però dal 90 per cento degli italiani, è il tema di oggi. Che prende avvio da una citazione storica. “Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste. Le parole sono importanti”. Ricordate Nanni Moretti nel film Palombella rossa? Ripeteva quel che aveva già denunciato George Orwell ne I principi della neolingua scritto come appendice di 1984: “La lingua diventa brutta e imprecisa perché i nostri pensieri sono stupidi, ma a sua volta la sciatteria della lingua ci rende più facili i pensieri stupidi”. Ciò per dire che la circolarità fra sciatteria linguistica e pensieri stupidi non è certo nuova, ma non c’è dubbio che in questi anni abbia conosciuto una notevole accelerazione.
Gli ambiti nei quali è osservabile sono molteplici. Anzitutto quelli che sono, o meglio erano, i luoghi elettivi del bel parlare, dell’arte oratoria: la politica e il parlamento, il diritto e i tribunali. Chi pensa ai maestri e retori della parola giudiziaria si può accomodare davanti alla tv e guardarsi programmi come Un giorno in pretura o Quarto grado per rendersi conto come parlano oggi avvocati difensori e pubblici ministeri. Una pietra miliare resta però il “che c’azzecca” di Antonio Di Pietro, che risponde positivamente all’interrogativo “è giunta la fine dell’oratoria forense?”. Personificando anche l’analogo scadimento dell’oratoria politica.
Colpa vostra e dello stato
Però occupano le università
Fra poco studieremo l’Arabo