Perché Meloni è la grande sconfitta delle regionali in Sardegna

Alessandra Todde è stata eletta presidente della Sardegna. La candidata di Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle l’ha spuntata dopo un testa a testa all’ultimo voto con Paolo Truzzu, candidato del centrodestra unito fortemente voluto dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Decisamente più staccati gli altri candidati, Renato Soru e Lucia Chessa.

Sono orgogliosa di essere la prima presidente della Sardegna. Dopo 75 anni, siamo riusciti a rompere un altro tetto di cristallo”, è stato il commento di Todde. Nelle dichiarazioni post voto di oggi, la prima presidente di regione espressione del Movimento Cinque Stelle, di cui è stata ex deputata ed ex vicepresidente, ha attaccato in modo vibrante Meloni e il modo in cui la premier ha fatto campagna elettorale: “La sua è stata una passeggiata, un’apparizione vergognosa, i sardi non si meritano il cabaret, strafottente. La risposta è stata delle grandi città, ma anche delle piccole realtà. L’arroganza ai sardi non piace”. I leader di Pd e M5S, Elly Schlein e Giuseppe Conte, che si sono recati in Sardegna nel pomeriggio di ieri, hanno festeggiato una vittoria per loro importante, dato che per la prima volta l’alleanza tra le due forze ha portato loro la vittoria in un’elezione regionale. Inoltre, ha ricordato Schlein sui social, “era dal 2015 che non si vinceva una regione in cui governa la destra”. Aggiungendo: “Una cosa è certa, l’alternativa c’è. Come segretaria, a un anno esatto dalle primarie, non potevo sperare in una ragione più bella per festeggiare”.

Ho telefonato ad Alessandra Todde, eletta Presidente della Regione Sardegna, per porgerle i miei auguri di buon lavoro”, ha scritto nel pomeriggio Meloni, che ha ringraziato “Paolo Truzzu e tutta la coalizione del centrodestra, che con le sue liste si conferma la più votata dagli elettori”. La premier ha poi detto: “Le sconfitte sono sempre un dispiacere, ma anche un’opportunità per riflettere e migliorarsi. Impareremo anche da questo”. Anche i leader di Lega e Forza Italia, Matteo Salvini e Antonio Tajani, hanno ammesso la sconfitta, mentre il candidato Truzzu si è assunto le proprie responsabilità: “Abbiamo perso davvero per circa 2mila voti su 750mila sardi che sono andati a votare. La responsabilità della sconfitta è solo mia”. Secondo l’ex sindaco di Cagliari, “la lettura del voto è semplice. Non sono state elezioni influenzate da fattori nazionali e il dato che lo prova è il risultato di Cagliari che, più che votare Todde, ha votato contro di me. Sarebbe bastato avere tre-quattro punti in più per vincere l’intera gara”.

Ma che cosa ci dice il risultato delle elezioni regionali sarde?

Vincitori e sconfitti cercano, legittimamente, rispettivamente, di dare o togliere portata nazionale al voto. Nondimeno, se, per certi versi, il risultato delle elezioni sarde non può non avere un significato nazionale, è altrettanto importante sottolineare le specificità e unicità di un’elezione come quella che si tiene in una Regione come la Sardegna. Secondariamente, è poi necessario ricordare lo scarto, più che esiguo, tra i due candidati. Con ancora una ventina di sezioni da scrutinare, e lo spoglio che verrà completato in Tribunale, i risultati, sostanzialmente definitivi, dicono che la candidata Todde ha ricevuto il 45,4% delle preferenze, contro il 45% di Paolo Truzzu, mentre Soru e Chessa si sono fermati al 8,6% e all’1% rispettivamente. Tra Todde e Truzzu c’è un distacco di poco più di 2.500 voti, 331.109 preferenze contro 328.494, a fronte di 751.296 votanti, su 1.447.753 elettori. La distanza tra i candidati è dunque minima.

Osservando i voti alle liste, si scorge un altro dato interessante. Le liste del candidato del centrodestra hanno ottenuto più voti di quelle della candidata di centrosinistra, 333.873 contro 290.720, mentre le liste che sostenevano Soru hanno ricevuto 54.569 voti a fronte delle 63.100 preferenze al candidato, con la lista di Chessa ad aggregare 4.040 preferenze, 7.158 i voti alla candidata. Con tutta evidenza, è stato più che decisivo il voto disgiunto. Se il dato dei voti alle liste, sottolineato dalla premier Meloni, ha potuto far sorridere il centrodestra in prospettiva nazionale, analogamente Schlein ha avuto la possibilità di rivendicare un altro risultato altamente simbolico: quella del Partito Democratico è stata la lista più votata dell’intera elezione. Il Pd è stato il partito con più preferenze, 94.411, davanti a Fratelli d’Italia, 93.122. Ancora una volta, il distacco è stato minimo.

In buona sostanza, la scelta di Meloni diforzarela candidatura di Truzzu, al posto di quella del presidente regionale uscente Christian Solinas, sostenuta dalla Lega, si è rivelata totalmente fallimentare. Todde ha costruito il proprio vantaggio nelle grandi città, in particolare Cagliari, ma anche Sassari e Nuoro, centri dove cinque anni prima Solinas aveva performato decisamente meglio rispetto a Truzzu, primo cittadino cagliaritano, costretto a cedere il passo proprio nella sua città. In modo indicativo, Cagliari è stata la circoscrizione in cui Todde ha costruito il proprio maggior vantaggio su Truzzu. Negli equilibri di potere all’interno di un centrodestra in evidente fibrillazione in vista delle elezioni europee, in una prova di forza per l’egemonia nella coalizione, la premier ha rivendicato la scelta di un proprio candidato, che però non ha retto alla prova del voto, venendo bocciato dagli elettori, che hanno preferito Todde. Come chiaramente mostrano i dati dei voti alla candidata e alle liste. “A Roma devono capire che non possono imporci nulla a casa nostra”, ha chiosato un dirigente sardista, mentre il forzista Giorgio Mulé ha rincarato la dose: “Non si devono fare prove di forza pesando i voti su elezioni differenti e non si deve arrivare a ridosso delle elezioni per scegliere i candidati”.

Nondimeno, nonostante l’irritazione di Meloni nei confronti dell’alleato leghista per un presunto tradimento sul voto disgiunto, e quella di Salvini con la premier per la forzatura sul candidato, la Lega è stata una delle grandi sconfitte delle elezioni sarde, avendo aggregato appena il 3,7%, 25.609 voti, meno di Riformatori Sardi (48.423 voti), Forza Italia (43.171), Sardegna al Centro (37.513), Partito Sardo d’Azione (36.997) e Allenza Sardegna – Partito Liberale Italiano (27.896); peggio solo Udc, 19.056 voti, e Democrazia Cristiana con Rotondi, 2.086 voti. Dal suo punto di vista, la premier si è sentita legittimata a imporre una candidatura nei confronti di una forza, la Lega di Salvini, che nella regione vale praticamente un quarto di Fratelli d’Italia. Tuttavia, alle elezioni, e nella scelta dei candidati ancor più, i voti non si contano, ma si pesano. E nonostante nell’esecutivo si affrettino a smentirlo, in primis Tajani, che ha assicurato che “nella maggioranza non cambia nulla”, il risultato sardo è destinato a pesare sugli equilibri dei partiti al governo. A maggior ragione in vista delle elezioni europee, quando Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia si presenteranno non in coalizione, ma in competizione. E questa volta in modo esplicito.  

3 thoughts on “Perché Meloni è la grande sconfitta delle regionali in Sardegna

  1. La meloni dovrebbe pensare di più ai italiani che ai ucraini guerrafondai forse allora la gente la stimerebbe di più, se continua ad inviare armi e soldi al Ucraina perderà sempre più consensi. Visto che per l’Italia soldi non ci sono ma per le guerre si.

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