Marracash e Guè Pequeno “al servizio” di un boss. L’accusa

Secondo una nota della polizia penitenziaria, allega a un’indagine dei pubblici ministeri Francesco De Tommasi e Gianluca Prisco, i rapper Marracash e Guè Pequeno sarebberoal serviziodel boss Nazzareno Calajò, detto Nazza. Al momento i due rapper, Fabio Bartolo Rizzo e Cosimo Fini, questi i loro veri nomi, non sonoo indagati.

In particolare, il 10 luglio scorso, durante un concerto a Milano, Guè Pequeno aveva salutato pubblicamente il boss: “Nazza libero! Free Nazza! Una mano su!”. All’epoca Nazzareno Calajò si trovava in carcere con l’accusa di traffico di droga. “È noto che la famiglia Calajò domini il quartiere Barona e il suo predominio lo ha ottenuto anche grazie al consenso di parte della popolazione residente, alimentato mediante numerose comparse dei principali esponenti della famiglia criminale nei videoclip di famosi cantanti rapper come Guè Pequeno, Marracash e Young Rame, il cui tema principale è l’ostentazione del lusso, del denaro facile e l’esaltazione della violenza”, scrive la polizia penitenziaria.

Secondo la Procura di Milano, la fama e il successo dei rapper servono al tornaconto del boss, anche per professare la sua innocenza. Intercettato, Nazza avrebbe detto: “Altro che non servono a un c***o i cantanti, i cantanti servono!”. In una conversazione avrebbe aggiunto: “Adesso m’hanno fatto una canzone per me. […] Compongono le canzoni per me! Hai capito?! […] Anche se l’hai capito, tu non fare mai il nome del tipo. […] Finché comanda è meglio che godere”. Inoltre, secondo la Procura, la solidarietà dei rapper si vedrebbe anche dalla produzione di magliette con la scritta Nazza liberoeVerità per Nazza’, indossate dai due in alcuni videomessaggi sui social. Non solo. Secondo un’intercettazione, un rapper avrebbe pagato all’organizzazione criminale il 10% degli incassi, per affrontare le spese di detenzione.

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