Tassa su extraprofitti, alla fine le banche l’hanno scampata

Come era stato previsto, la tassa sugli extraprofitti delle banche si sta rivelando un flop. Non solo perché è stata indebolita dopo le resistenze di Forza Italia, ma anche perché il sistema bancario sta riuscendo a evitarla. Con tanti saluti ai tre miliardi di gettito promessi e sbandierati dalla premier Giorgia Meloni.

Il prelievo era stato approvato lo scorso agosto, ma a settembre il governo ha offerto una scappatoia, dando la possibilità alle banche di scegliere tra pagare la tassa e porre gli utili a riserva, senza poterli distribuire tra gli azioni. Ed esattamente così è andata. In questo modo, Intesa, Unicredit, Banco Bpm, Mps, Bper, Popolare di Sondrio, Credem e Mediobanca, le grandi banche del nostro Paese, hanno risparmiato circa 1,8 miliardi di euro di imposte, aumentando contestualmente il proprio patrimonio di 4,5 miliardi di euro. E così hanno fatto anche alcune banche a controllo pubblico, come Monte dei Paschi di Siena e Mediocredito Centrale.

Non solo. Come ricostruito da ‘Il Fatto Quotidiano’, il caso Mps sfiora il colmo. Salvata nel 2017 con un investimento da parte dello Stato da 5,4 miliardi di euro, Monte dei Paschi di Siena ha come azionista, per il 64%, il Ministero dell’Economia, che ha versato 2,1 miliardi di aumento di capitale. Mps ha chiuso con quasi 1 miliardo di utili e prevede profitti per 1,1 miliardi entro fine anno, proprio grazie al margine di interesse. Ciononostante, due giorni fa il Consiglio di Amministrazione di Mps ha reso noto di aver deciso di destinare a riserva 312,7 milioni a livello di gruppo. “Il fatto che, mettiamola così, anche Giorgetti attraverso il Mps controllato dal Mef eluda la tassa della Meloni, è la fine grottesca di uno dei tanti esempi del populismo degli annunci che caratterizza questa maggioranza”, è stato il commento del deputato di +Europa Benedetto Della Vedova.

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