Sabella: “Messina Denaro? Non si è consegnato. Eredi? No”

Con la morte del boss mafioso Matteo Messina Denaro se ne vauno dei tre soggetti in grado di rivelare a questo Paese la verità sulle stragi di Capaci e via d’Amelio e su quelle di Firenze, Milano e Roma”. Ma non muove il Capo dei Capi’, in quanto da questo punto di vista “è stato un po’ mitizzato. Peraltro, è stata una sua scelta non diventare il numero uno dei Corleonesi”, in quanto dopo l’arresto di Leoluca Bagarella il testimone è passato a Giovanni Brusca, mentre Messina Denaro si è rintanato nel suo territorio a Trapani, dove si sentiva realmente protetto. Oltre a stringere un patto di non belligeranza con Bernardo Provenzano”.

Queste le parole del magistrato Alfonso Sabella, oggi giudice al Tribunale di Napoli, ex stato sostituto procuratore nell’Antimafia di Palermo, che con le sue indagini ha contribuito all’arresto di Giovanni Brusca, Pietro Aglieri e Leoluca Bagarella.  

In un’intervista al quotidiano ‘La Stampa’, Sabella ha detto che, secondo lui, Messina Denaroha capito subito che l’attacco frontale al cuore dello Stato andava abbandonato. E che sarebbe stato meglio lucrare sul potere criminale che aveva acquisito per guadagnarci”. Anche se con tale scelta “ha impedito ai suoi luogotenenti di crescere”. L’ex sostituto procuratore ha poi rigettato l’ipotesi che il boss mafioso si siaconsegnato’ il giorno dell’arresto alla clinica Maddalena di Palermo: “Sono cazzate. Non mi vergogno a dirlo. Nella storia di Cosa Nostra mi sono capitati pochissimi che si siano fatti trovare. Tendenzialmente erano coloro che sapevano che Cosa nostra li avrebbe ammazzati. E non sono certo quelli, come lui, che venendo arrestati consegnano di fatto allo Stato la rete di più stretta di chi lo ha protetto, la sua famiglia per capirci”.

Fino al 1994 lo hanno cercato in pochi. L’unico che aveva dato anima e corpo era il capo della Mobile di Trapani”, Francesco Misiti, ha poi proseguito Sabella, smentendo che forze dell’ordine e magistrati non abbiano provato a catturarlo durante la sua latitanza. “C’è da dire che, essendo giovane, si muoveva molto e che quando si è iniziato a braccarlo con insistenza aveva già fatto l’operazione di sommersione di cui ho detto prima”. Rispetto invece alla ‘sua’ Cosa Nostra, “era già boccheggiante da prima. Ha saccheggiato la Sicilia fin troppo per quello che poteva prendere. E poi è fuori dal business più remunerativo, il narcotraffico internazionale”.

Infine, Sabella ha spiegato che al momento nessuno può replicare il livello criminaledi Messina Denaro. “Qualcuno nominalmente occuperà il suo posto, ma non a lui paragonabile. E poi l’asse centrale dell’organizzazione non è da tempo riconducibile al gruppo Corleonese”, poiché “è di nuovo a Palermo”.

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