Civita Giuliana racconta la vita da schiavo a Pompei

Brandine con poveri materassi. Alcune credenze che custodivano qualche strumento di lavoro. Qualche anfora, cesti e vasi custoditi in una sorta di mensola ripostiglio e visitate da inevitabili roditori, anche loro sorpresi dall’eruzione. Pompei non è solo lo specchio della magnificenza di cui si circondavano i ricchi commercianti che la abitavano: gli scavi e i nuovi calchi effettuati sui resti ritrovati fanno luce anche sulla situazione di precarietà e subalternità vissuta da chi rendeva possibile la vita piena di agi dei ricchi possidenti.

È stato infatti ritrovato, nella villa romana di Civita Giuliana, a circa 600 metri dalle mura dell’antica Pompei, l’arredo di una stanza assegnata agli schiavi. Sembra una fotografia, un’immagine di quasi 2000 anni fa, realizzata con la tecnica dei calchi, esistente solo a Pompei e dintorni. Materiali quali mobili e tessuti, nonché corpi di vittime dell’eruzione del 79 d.C., sono stati coperti dalla nube piroclastica, divenuta poi terreno solido mentre la materia organica decomposta ha lasciato un vuoto nel terreno: un’impronta che, riempita di gesso, ha rivelato la sua forma originaria.

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