I cinque capolavori per capire l’Italia della guerra

C’è chi l’ha definito il secolo breve, c’è stato il Fascismo, a cui ha fatto seguito una ferocissima guerra e la Resistenza. La maggior parte di noi ci è nata dentro, ma i testimoni di quel periodo doloroso e pieno di cambiamenti epocali hanno impresso su carta una fotografia del nostro paese in quei momenti. Quindi ecco cinque fra i grandi capolavori per raccontare il nostro paese durante quegli anni:

  • Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno. Com’è la guerra vista da un bambino? Questo romanzo racconta la storia di Pin, un bambino di dieci anni, orfano. Perché preso in giro da tutti per via della sorella prostituta che frequenta i tedeschi, decide di provare la sua fedeltà sottraendo ad uno di loro la pistola, seppellendola in un posto sperduto fra le montagne, dove i ragni fanno il nido. Verrà scoperto, portato in carcere, evaderà, e conoscerà la resistenza delle montagne liguri.
  • Beppe Fenoglio, Una questione privata. Non si possono mettere via i sentimenti durante la guerra. Questo è quello di cui parla Fenoglio nel suo capolavoro, dove Milton intraprende la via partigiana per cercare Giorgio, un suo possibile rivale in amore. Ambientato nelle montagne piemontesi dove l’autore stesso ha combattuto la Resistenza, questo romanzo ha segnato la storia della letteratura per la bellezza delle sue ambientazioni e la franchezza dei suoi dialoghi.
  • Renata Viganò, L’Agnese va a morire. Dove può spingersi una donna per amore? Questo romanzo, a tratti autobiografico, racconta la fondamentale partecipazione delle donne alla Resistenza. Alle donne, durante il fascismo, non era concesso parlare ed occuparsi di politica, votandosi solo al ruolo di moglie e madre, così faceva Agnese. Poi, scoprendo che il marito è stato ucciso dai nazifascisti, in un moto d’impeto si unisce alla Resistenza, nelle valli di Comacchio. L’autrice stessa è stata partigiana insieme al marito.
  • Carlo Levi, Cristo si è fermato ad Eboli. Scrittore, pittore, antifascista. Tutto questo era Carlo Levi, che fra il 1943 e il 1944, in un’Italia nel pieno della guerra e della Resistenza, compone un romanzo cardine della letteratura italiana. Racconta del suo confino, misura usata e abusata durante il regime, in Basilicata, nel 1935-36. Nella prefazione l’autore spiega il perché del titolo: “Come in un viaggio al principio del tempo, Cristo si è fermato a Eboli racconta la scoperta di una diversa civiltà. È quella dei contadini del Mezzogiorno: fuori della Storia e della Ragione progressiva, antichissima sapienza e paziente dolore“.
  • Primo Levi, Se questo è un uomo. Anche l’Italia ha contribuito all’Olocausto, istituendo le leggi razziali nel 1938, creando un campo di concentramento (Fossoli), deportando fino in Germania chi, fra gli ebrei italiani, non era riuscito a scappare. Primo Levi era uno di loro. Numero 174517, deportato ad Auschwitz nel febbraio 1944, sopravvive più di un anno nella più tremenda delle torture mai create. Ritorna, scrive un romanzo che nessuno, in un’Italia che vuole dimenticare, pubblica tanto presto. Un ricordo che tormenta anche lui, che lo racconta con lucida chiarezza, che fa sentire il freddo dell’inverno polacco, il dolore delle vittime. Perché se è impossibile capire, è fondamentale non dimenticare.

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