Amnesty International: “In Afghanistan diritti smantellati”

Violenze, violazioni dei diritti umani, promesse non mantenute.

Un anno dopo il ritorno dei talebani al controllo dell’Afghanistan, Amnesty International ha documentato in un rapporto la situazione nel Paese. Il lavoro dell’organizzazione mette in evidenza la diffusa impunità per crimini come la tortura, le uccisioni per rappresaglia e gli sgomberi forzati di coloro che si oppongono ai talebani. 

Nel documento ‘Un anno di violenza, impunità e false promesse’, AI rileva che la situazione sul campo è completamente diversa da quella che i leader talebani avevano anticipato nell’agosto 2021, quando assicuravano che i diritti delle donne sarebbero stati rispettati […]

La velocità con cui stanno smantellando vent’anni di progressi sui diritti umani è sbalorditiva” ha affermato Yamini Mishra, direttore regionale di Amnesty International per l’Asia meridionale. “Ogni speranza di cambiamento” ha aggiunto, “è svanita mentre i talebani cercano di governare attraverso una repressione violenta in totale impunità”. […]

Non dobbiamo restare a guardare mentre i diritti umani di un’intera popolazione crollano. Una risposta internazionale forte, significativa e unita è l’unica speranza di porre fine all’incubo che il popolo afghano sta vivendo da un anno” ha affermato Mishra.

13 thoughts on “Amnesty International: “In Afghanistan diritti smantellati”

  1. Amnesty dovrebbe fare un esame gigantesco di coscienza con i casini che ha combinato per quegli pseudo report falsati del sacro santo santo stato d’Israel e sull’Ucraina

    1. Quindi se un report riporta di atrocità compiute da chi ti sta simpatico tipo Israele o Ucraina allora è falso mentre se è un report sulle violenze di Hamas o della Russia è da prendere come il Vangelo giusto?

  2. Ormai lo hanno capito tutti che Luna è un israeliano e che sono tutti complottisti contro di loro Anche se lui smentisce ma ciò che scrive è molto chiaro ed evidente!!!! Buon martedì a tutti

  3. Mi spiace, nulla di ciò

    Veramente non sono israeliano

    Spiace, nessun complotto, semplicemente smontaggio di ogni credenza con i fatti della realtà

    Pensa, secondo la definizione di Amnesty di apartheid ( che guarda a fattori quali l’inclusione sociale o il livello di istruzione o di occupazione di determinate popolazioni) anche noi in Italia tecnicamente avremmo apartheid contro gli zingari, visto che sono economicamente e socialmente esclusi dalla società, sono mediamente poco istruiti e hanno mediamente una occupazione bassa

    Quindi tecnicamente anche noi siamo in un regime di apartheid?

    La fonte principale del diritto internazionale che equipara l’apartheid ai crimini contro l’umanità si trova nello Statuto di Roma con cui si è istituito il Tribunale Penale Internazionale nel 1998. Nel suo articolo VII “Crimini contro l’umanità” al paragrafo 2 comma h si legge la definizione di apartheid, che qui si riporta per intero:

    h) “per «apartheid» s’intendono gli atti inumani di carattere analogo a quelli indicati nelle disposizioni del paragrafo 1, commessi nel contesto di un regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e di dominazione da parte di un gruppo razziale su altro o altri gruppi razziali, ed al fine di perpetuare tale regime”;

    Quindi, come recita il comma h, per esserci apartheid ci deve essere un “…regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e di dominazione da parte di un gruppo razziale su altro o altri gruppi razziali, ed al fine di perpetuare tale regime”. Da questo postulato ricaviamo due essenziali e necessari principi:

    Deve esistere una legislazione che normi e disciplini la segregazione raziale, come avvenne in Sud Africa che si era dotato di numerose e capillari leggi segregazioniste.
    Deve esistere un “gruppo razziale” ben definito che “domina” su “altro o altri gruppi razziali”.
    Per quanto concerne il punto 1, in Israele non esiste una sola norma che disciplini una presunta segregazione razziale, tanto è vero che lo stesso rapporto di Amnesty International non è in grado di fornire il caso di una singola legge che abbia queste caratteristiche. L’unico riferimento, per altro vago e completamente decontestualizzato è fatto in merito alla legge sullo Stato nazionale del popolo ebraico del 2018. Però addentrandosi nello specifico di questa legge fondamentale dello Stato, in nessuno dei suoi 11 articoli si trova il ben che minimo riferimento a pratiche segregazioniste o semplicemente a criteri differenziati di diritti tra i suoi cittadini in base all’appartenenza etnica o religiosa. Tanto è vero che gli arabi di Israele godono degli stessi diritti di tutti gli altri abitanti: hanno partiti politici (ora anche al governo), pieno accesso a tutti i gradi di istruzione in scuole o università in lingua araba o ebraica a loro scelta. Sono avvocati, notai, medici, infermieri in strutture aperte a tutti i cittadini senza distinzioni etniche o religiose, sono giudici (anche alla Corte Suprema), poliziotti, funzionari statali. La stessa lingua araba è equiparata all’ebraico. In pratica gli arabi godono dei medesimi diritti dei cittadini ebrei. Infine, questa legge fondamentale non dice nulla di diverso da quanto stabilito del diritto internazionale quando ha approvato il Mandato per la Palestina che è l’embrione legale dello Stato di Israele.

    Per quanto concerne il punto 2, cioè pensare che il popolo ebraico sia un gruppo raziale è semplicemente surreale. Basta osservare gli ebrei di origine europea (askenaziti), quelli scappati dai paesi arabi o dai paesi mediterranei (sefarditi), quelli di origine etiope (falashà) per accorgersi dell’enorme diversità che li contraddistingue. L’unico punto in comune è la condivisione di una stessa lingua, di medesime tradizioni culturali/religiose, e del forte attaccamento alla Terra di Israele: cioè “sentirsi” appartenenti ad uno stesso popolo. In conclusione, mancano completamente tutti i requisiti stabiliti dall’articolo VII dello Statuto di Roma per poter definire Israele come Stato di apartheid.

    Un’altra fonte che definisce il crimine dell’apartheid è la Convenzione contro l’apartheid del 1973. Qui si trova una definizione – all’articolo 2 –di apartheid che fa esplicito riferimento alla situazione del Sud Africa nel quale vigeva un regime di segregazione raziale molto ben disciplinato legislativamente. Però la Convenzione del 1973 non fa un riferimento puntuale a leggi e a disposizioni normative precise e inequivocabili (come nel caso del Sud Africa), ma si attiene a dei principi generali vaghi e di conseguenza manipolabili e interpretabili per convenienza politica che era la ragione stessa per la quale si è volle istituire la convenzione contro l’apartheid: cioè attaccare politicamente un qualsiasi Stato utilizzando dei principi vaghi, interpretabili e manipolabili. Fu questa la ragione per la quale la convenzione venne ratificata solamente da una trentina di paesi in tutto il mondo ad iniziare dall’Urss. L’Italia, gli USA e tutti i paesi occidentali, oltre che la stragrande maggioranza dei paesi del mondo, non fanno parte di questa convenzione perché compreserò l’utilizzo politico che si poteva fare della medesima. Il rapporto di Amnesty International si colloca in questa linea di azione: utilizzare un termine – apartheid – svuotandolo dei suoi contenuti oggettivi e legali per manipolare politicamente l’opinione pubblica al fine di attaccare un ben preciso Stato: Israele.

    Questa interpretazione è corroborata dal rapporto stesso di Amnesty International: non vi è la minima traccia o riferimento a una presunta legislazione segregazionista presente in nessuna delle leggi di Israele. E questo semplicemente perché non esiste nulla di tutto ciò nell’ordinamento legislativo israeliano.

    Su cosa si basa quindi il rapporto di Amnesty International? Semplicemente su una serie di fatti storici (molti dei quali falsificati), controversie legali e giudiziarie completamente decontestualizzate e manipolate ad arte. Da “impressioni soggettive” di presunte discriminazioni che non trovano riscontro nei dati o nei fatti oggettivi della realtà sociale di Israele.

    Se si volessero utilizzare questi disonesti criteri di giudizio e di manipolazione dei dati e applicarli ad altri contesti si potrebbe descrivere la realtà di tutti i paesi democratici come Stati nei quali vige l’apartheid. Vediamo brevemente degli esempi.

    Italia

    In Italia si potrebbe stilare un rapporto come quello calunnioso e manipolato di Amnesty International, ad esempio, relativo alla situazione dei gruppi etnici sinti e rom di cittadinanza italiana da numerosissime generazioni. Se decontestualizziamo e deformiamo i dati relativi a questi due gruppi etnici e ci basassimo esclusivamente su dati relativi a scolarizzazione, situazione abitativa, impieghi lavorativi, interazioni sociali e retribuzioni oltre che ad “impressioni soggettive”, non vi è dubbio che l’Italia applichi un regime di apartheid nei loro confronti.

    Gran Bretagna

    Se applicassimo i su menzionati criteri alla popolazione nord irlandese di religione cattolica (divisa anche fisicamente da quella protestante a Belfast da un muro in cemento) non ci dubbi sul regime di apartheid applicato dalla Gran Bretagna.

    Lo stesso principio lo si potrebbe utilizzare in Stati quali: Stati Uniti d’America con la popolazione nativa indiana e di colore, Spagna con i baschi e i gitani, Francia con i gitani, Brasile e tutti gli Stati del sud America con le popolazioni native, Cuba con la popolazione di colore fortemente discriminata e totalmente assente da rilevanti incarichi legislativi e giudiziari per essendo maggioranza della popolazione, Giappone con la popolazione di origine coreana, tutti i paesi arabi con le minoranze non musulmane, Cina con le minoranze degli Uiguri e con quell tibetana, Australia e Nuova Zelanda con le popolazioni native, i territori amministrati dall’Autorità Nazionale palestinese ove vige un completo ordinamento giuridico basato sulla discriminazione etnica. L’elenco, in pratica, comprenderebbe la totalità dei paesi del mondo.

    La riflessione che dovrebbe essere fatta in merito al report fraudolento di Amnesty International, dovrebbe essere relativa a due punti:

    Chi finanzia organizzazioni non governative di questo genere e perché? E’ mai stata fatta chiarezza su come vengono spesi i numerosi milioni di dollari che ricevono annualmente?

    Dove sta il confine tra libertà di espressione, diritto di critica e tutela dei diritti umani e diritto di calunnia, diritto a diffamare, manipolazione della realtà per fini politici e circonvenzione dell’opinione pubblica?

    A seguito del report di Amensty international sono queste le informazioni che governi, organizzazioni internazionali e mass media dovrebbero chiedere conto alla dirigenza della ONG inglese.

    Fatti

  4. dalle prove della realtà, dai report dei cisgiordani stessi, quindi presunte vittime che affermano di non esserlo affatto, come bassem Eid e khaled abu toameh, entrambi cisgiordani in Israel smentiscono le bugie di hamas

    Fatti

    1. Difficile chiamare vittima chi vive da nababbo scrivendo,dicendo e sostenendo le tesi del paese più forte…condannando gli atti di violenza di una parte e tacendo su quelli dell’altra…

  5. Parli dei vertici delle organizzazioni terroristiche di hamas e hezbollah? Beh in effetti si, loro vivono da nababbi nelle loro lussuose ville a Beirut o a doha

    Mentre usano i soldi della comunità internazionale e del Qatar per acquistare razzi e missili dall’Iran e dalla Siria la popolazione di Gaza che loro controllano con il pugno no di ferro ma di acciaio è alla fame

    Il santo sacro stato d’Israel, portatore di luce e democrazia aveva lasciato Gaza nel 2005 come un roseto, poteva essere la Svizzera del medioriente, invece è il covo della seconda organizzazione terroristica più potente del medio oriente dietro solo ad al quaeda

    Mentre qualcuno usa i soldi della comunità internazionale e del Qatar per acquistare razzi e missili dall’Iran e dalla Siria con l’obiettivo di cancellare dalla faccia della terra Israel altri usano i loro soldi per mandare robot sulla luna e diventare polo mondiale in ricerca scientifica

    Fatti

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