L’impietosa radiografia sull’attuazione del Pnrr

Mentre si discute, e fa discutere, la decisione del governo di escludere un controllo concomitante della Corte dei Conti sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e sul Piano Nazionale Complementare, su cui la Camera si esprimerà domani dopo che l’esecutivo ha posto la questione di fiducia, un fatto è sempre più certo: l’Italia non riesce a spendere i soldi del Pnrr. E ci stiamo giocando un’irripetibile opportunità.

Come spiegato in una relazione del governo, o il Piano viene riscritto, oppure al nostro Paese sfuggirà la prossima rata, del valore di 16 miliardi di euro, sui 191,5 miliardi totali. Per fare ciò servirà l’approvazione di Bruxelles, che libererà il denaro solo se l’Italia centrerà i 27 obiettivi fissati per il primo semestre del 2023. Non di meno, l’Unione europea terrà alta l’attenzione sull’operato dell’Italia, in particolare dopo la decisione di sospendere i controlli in itinere della Corte dei Conti, non vista di buon occhio dalla Commissione europea, che ha ricordato come “noi abbiamo un accordo con l’Italia sulla necessità di avere un sistema di controlli efficace per quanto riguarda la spesa dei fondi del Pnrr ed è responsabilità delle autorità italiane che questi enti siano in grado di lavorare”.

Per la prossima rata, l’Italia è in ritardo su almeno sei progetti. In particolare, si tratta delle previste quaranta stazioni di rifornimento di idrogeno; dell’acquisto di treni Intercity per il Sud; della realizzazione 2,5mila colonnine per le auto elettriche sulla rete autostradale e di 4mila colonnine nelle zone urbane; della conclusione delle gare di appalto per offrire almeno 264.480 nuovi posti negli asili nido e nelle scuole per l’infanzia; di investimenti in nove studi cinematografici a Cinecittà. Inoltre, il governo vorrebbe usare i soldi del Piano per sostituire caldaie a gasolio con altre dello stesso tipo, mentre Bruxelles vuole favorire le nuove tecnologie green.

Le difficoltà sono iniziate nei primi mesi dello scorso anno, con la crisi delle materie prime e il relativo aumento dei prezzi, e sono proseguite per l’assenza di lavoratori adeguatamente qualificati. In particolare, si legge nella relazione del governo, manca personale qualificato nel settore edile e nei settori “connessi alla transizione digitale e green”.

Nonostante le rassicurazioni e le promesse dell’esecutivo, la situazione è drammatica. Dei 91 miliardi per le opere pubbliche, l’Italia ne ha spesi appena 8, in un contesto frammentato in cui Comuni, Provincie, Regioni, Città Metropolitane, società concessionarie, università ed enti di ricerca dovrebbero spendere più di quanto abituati a fare, con un aumento del 66% delle proprie spese, senza disporre delle adeguate risorse umane e delle competenze tecniche e gestionali per poterlo fare. Insomma, grazie al pianoo di investimenti dell’Europa, per una volta l’unico problema problema non è quello di trovare i soldi, ma di spenderli.

Nel complesso, sono 120 i progetti in difficoltà. Di questi, 11 presentano tre o quattro punti critici. Tra cui le “misure per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico”, gli “investimenti in fognatura e depurazione”, lo “sviluppo del biometano”, l’alta velocità ferroviaria Brescia-Verona-Vicenza-Padova e il Piano Italia 5G. Per questo, si legge ancora nel documento del governo, “risulta ineludibile affrontare un ampio processo di riprogrammazione delle misure, in accordo con le istituzioni europee”. L’incertezza è ancora molta. L’unica sicurezza è che l’Italia non può mancare un’occasione unica, destinata a non ricapitare mai più.

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11 thoughts on “L’impietosa radiografia sull’attuazione del Pnrr

  1. Ha ragione la Meloni,se la corte dei conti rallenta per le verifiche noi non riusciamo a spendere , tanto vale spendere e dopo la corte verificherà il tutto

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